Appunti di lettura: “Addio al pianeta Terra” di Luciana Martini

In questa storia c’è la guerra anche se non viene quasi mai nominata, forse perché ha un nome di battesimo ingombrante, forse perché non ce n’è bisogno.
Luciana Martini è stata bravissima e crudele, ha creato un racconto dominato da un conflitto a cui non serve farsi vedere per suscitare dolore, paura, smarrimento.
Smarrito è anche il primo aggettivo che mi viene in mente pensando al protagonista Teo. Certo, è solo un ragazzino, è insicuro, è spaventato, ma ancor prima di questo è smarrito, ancora prima di lasciare la sua casa tra le montagne e i genitori in quella stazione è smarrito. Nel momento preciso in cui osserva l’angoscia sul volto del padre, una cosa mai vista, un volto che sembra quasi nuovo, ecco che Teo si smarrisce.
Attraverso i suoi occhi seguiamo le persone che fuggono dai paesi, le strade vuote, la ricerca di una via d’uscita e intanto lui cresce scappando, incontra altri ragazzi, i soldati, stringe le palpebre per non far vedere le lacrime, scopre che la disperazione non è proprio un dolore ma piuttosto un’immobilità, senza un tempo determinato e senza alcuna prospettiva. Con lui il presagio della tragedia diventa l’aria che muta quando un temporale si avvicina.
Addio al pianeta terra è un romanzo che mescola qualcosa di molto dolce con un calcio nella pancia. È un romanzo che ci ricorda un po’ di cose che dovrebbero essere (ma non sempre sono) scontate: che la guerra è una schifezza, che crescere fa soffrire in qualsiasi contesto, ancora di più se il mondo è sul punto di finire, che l’amicizia e la fortuna di avere un alleato sono i superpoteri della giovinezza.

Francesca Chiappalone