Feste di compleanno


È difficile che le verità, petulanti come sono, non si contraddicano fra loro. Solo qualche volta, in momenti speciali, sembrano concordare, per esempio nelle feste di compleanno. Al momento delle candeline, tuttavia, ogni verità dubita che il numero delle candeline sia esatto. Dubitano, ma per buona creanza stanno zitte e quando il festeggiato soffia sulla torta applaudono tutte insieme.

Alfonso Lentini























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È difficile che le verità,
petulanti come sono, non si contraddicano fra loro. Solo qualche volta, in
momenti speciali, sembrano concordare, per esempio nelle feste di compleanno.
Al momento delle candeline, tuttavia, ogni verità dubita che il numero delle
candeline sia esatto. Dubitano, ma per buona creanza stanno zitte e quando il
festeggiato soffia sulla torta applaudono tutte insieme.

Poème de métro #6

La traduzione in italiano, dall’originale francese, è dell’autrice.
I poèmes de métro sono testi interamente scritti in treno.

Mercredi 11 octobre, 22h30  

Retour de la Maison de la poésie,
pas beaucoup plus avancée,
plus lourde d’un falafel,
d’un souvenir :
soirée Enrique Vila-Matas – Tiphaine Samoyault
qui s’ajoute aux autres
inutilement.
Je n’irai pas à Montevideo
qui est le titre du dernier roman de Vila-Matas.
Je mourrai avant.
Je mourrai avant d’avoir vu Montevideo
et Buenos Aires et Calcutta
et Johannesburg et Nouméa
et Auckland et Pontault-Combault
mais j’aurai vu cette femme devant moi
parée d’une coiffure extraordinaire
de torsades de tissu parsemées de perles
qui forment une très haute coiffe
rappelant celles traditionnelles de l’Afrique.

Mercoledi 11 ottobre, ore 22.00

Di ritorno dalla Maison de la poésie,
non molto più saggia di prima,
più pesante di un falafel
e di un ricordo:
serata Enrique Vila-Matas – Tiphaine Samoyault
che si aggiunge agli altri
inutilmente.
Non andrò a Montevideo
che è il titolo dell’ultimo romanzo di Vila-Matas.
Morirò prima.
Morirò prima di aver visto Montevideo
e Buenos Aires e Calcutta
e Johannesburg e Nouméa
e Auckland e Pontault-Combault
ma avrò visto questa donna di fronte a me
ornata di una straordinaria pettinatura
di intrecci di stoffa punteggiati di perle
che formano un’altissima cuffia
che ricorda quelli tradizionali dell’Africa.

Rosine Inspektor

Tennis

Quando lo scambio sembra vinto, corre a rete, nonostante la volée sia il suo colpo peggiore. E, puntualmente, perde il punto. Riesce a giocare bene solo sotto pressione, quando le speranze vacillano e il braccio si accorcia. Perché sta tutto nella ricerca del colpo perfetto, del primo dritto giocato senza esitare. E ogni colpo si ripete come futile imitazione di quel momento archetipico, primigenio, primordiale, unico.
Pertanto, riesce a imporre il suo gioco solo quando perde. Ha così tanta fiducia nella sua racchetta da benedire la sfida, lo svantaggio, la pallina che viaggia più forte di quanto si aspetterebbe.
Perde solo quando vince. Vince quando riesce a evolversi.

Gabriele Bitossi

Ocubuco

Il cubuco non è altro che un cubo buchico che a un certo punto si crea nella stanza quando ci hai passato troppo tempo. Volevo dire buco cubico ma fa lo stesso. Per i feticisti del palindromo è stata introdotta la forma con prefisso onorifico giapponese facendolo quindi diventare ocubuco. Per entrambe si lascia piena libertà al pronunciatore sull’accentazione anche se per la forma ocubuco si sconsiglia la bisdrucciola (okay ci stai provando come non detto).                                                           
Per quanto si formi di norma nella propria stanza è stato confermato che in occasione di visita medica specialistica in cui un dottore di fuori diede appuntamento nello stesso pomeriggio a cinquanta pazienti (alla media di duecento euro senza ricevuta duecentocinquanta per chi la volle nessuno) si formarono diversi cubuchi nella sala d’attesa, naturalmente per ciascuno il proprio e invisibile agli altri.                                            A volte può invece capitare l’esatto contrario che esso non sia visibile all’abitatore della stanza e un visitatore lo riesca invece a scorgere portandolo all’attenzione del primo che trasecola generando una discussione senza via d’uscita al termine dalla quale i due non si vorranno parlare per un bel po’ di tempo indeterminato.

Nel cubuco ci cadi o ti rannicchi. Puoi convincerti che ti metta in comunicazione con un’altra dimensione elevando il tuo io o affrancandotene ma sempre un cubuco resta.

Makku Fùnniri
a poet’errorist

Verso l’alto

va bene così. Goditi questa assenza di frizioni, questo ideale piano inclinato che non ha obiettivi.
sempre e tu ci sei dentro e non capisci bene neanche se sta andando avanti o all’incontrario va. Ma
come se fossi su un treno che va liscio come l’olio, non frena, non parte e non arriva: è in moto da
Per gli appuntamenti meglio evitare, tanto in questo testo non ci sono grandi segreti da scoprire. Fai
soluzioni, facci il callo, ma mi sembra che oltre queste due regolette stiamo abbastanza svincolati.
esercizi buffi con l’acqua che di sicuro conosci anche tu, per le catene ai piedi niente, non ho
venga: solo rispetta le regole che sono poche e facilissime. Contro il singhiozzo ci sono un sacco di
maiuscola. C’è pochissimo altro da dire su questo testo. Tu hai qualcosa da aggiungere? Se sì, ben
nella riga sotto, e ogni volta che vado in su, devo correggere il computer che mi vuole mettere una
esercitando lo stile. Devo solo stare attento, dato che lo batto al computer, che la frase non mi cada
tant’è, ti becchi il mio. Non è un esercizio di stile, ci tengo a sottolinearlo, perché non sto
l’alto: è abbastanza divertente, di sicuro uno più esperto in questi giochi l’avrebbe fatto meglio ma
Qui c’è un a capo perché ho appena provato a leggere in maniera canonica questo testo scritto verso
e una riga là.
talmente povero che non dovresti perderti niente anche se, mettiamo, dovessi leggere una riga qua
canonica, dall’alto verso il basso, fallo tranquillamente: il contenuto di senso di questo testo è
mente continuato nella riga superiore e – ormai posso anche dirlo – se ti va di leggerlo in maniera
singhiozzo, nessuna catena ai piedi, nessun appuntamento. Ogni fine riga deve essere morbida
l’alto della pagina – non miro a niente di più alto – questo testo dovrebbe non contenere alcun
ma che io ho preso come commissione e allora ecco che rispondo. Oltre che andare verso
nell’altro senso. Questo testo nasce da una commissione, che non mi è stata mai assegnata
accorgertene, te lo dico io ora: resta qui e torna verso l’alto, riga dopo riga, e scala il testo
Questo testo si legge dal basso verso l’alto. Se sei arrivato fino qui, se sei arrivata fino qui senza

Gunther Maria Carrasco

Mia zia

Se c’è un luogo assolutamente impossibile da raggiungere, quello è l’armadietto della cucina dove mia zia conserva un solo e unico oggetto: una tazzina da caffè spaiata, sopravvissuta a chissà quale vecchio servizio di porcellana, di quelli con le filettature dorate. Sonnecchia là, irraggiungibile, ben occultata nello scuro; e nel concavo della tazzina, come vermi schifosi, germinano certe verità alle quali il genere umano mai accetterà di credere, cioè di non saper nulla, di non essere nulla, di non aver nulla a sperare. Ma la tazzina è in un luogo irraggiungibile.

Alfonso Lentini

Poème de métro #5

La traduzione in italiano, dall’originale francese, è dell’autrice.
I poèmes de métro sono testi interamente scritti in treno.

3 août, 17h40

Pernety et c’est déjà Plaisance
changement de trajet
allée à l’Entrepôt
revoir Asteroïd City
révélation.
À la sortie
il pleut,
sinon tu aurais pris un verre
pour prolonger cette émotion
qui va bientôt faner,
mais les émotions ne fanent pas,
les personnes non plus
comme il est dit dans le film.
Instantané de la rue Raymond Losserand
à la sortie
sous la pluie
on dirait septembre
30 ans plus tôt.

3 agosto, ore 17.40

Pernety ed è già Plaisance
cambio di itinerario
andata all’Entrepôt
rivedere Asteroid City.
rivelazione.
All’uscita
piove,
altrimenti avresti preso un drink
per prolungare questa emozione
che presto sfiorirà,
ma le emozioni non sfioriscono,
e nemmeno le persone
come si dice nel film.
Istantanea della rue Raymond Losserand
all’uscita
sotto la pioggia
sembra settembre
30 anni prima.

Rosine Inspektor

Tramondo occidentale

Viveva in un mondo tutto suo. La mattina percorreva a piedi le sue strade, le aveva acquistate con la carta docenti su Amazon.it due anni prima e quando gli furono recapitate si sorprese nel leggere sulla targhetta MADE IN TAIWAN. Di solito, prima di entrare in classe, si fermava a fare colazione nel suo bar, cornetto e cappuccino, lo aveva acquistato su Ikea.com, il bar non il cornetto e cappuccino, poi lo aveva montato con le sue proprie mani nel periodo di Ferragosto. Uscito dal locale si fermava sul marciapiede a guardare il portone della sua scuola, mattoncini Lego City, una sciccheria che aveva scelto su consiglio di Barbie Architetto. È proprio bello vivere in un mondo tutto mio, pensava ogni giorno, poi varcava la soglia della conoscenza e salutava il suo bidello, le sue scale, il suo ripostiglio degli attrezzi dove si appartava per indossare gli abiti di Ken Pedagogista. Una volta in classe proclamava: BAMBINI MIEI APRITE IL RIGHELLO, poi rideva e aggiungeva: CI AVETE CREDUTO EH? La scolaresca tirava un respiro di sollievo e si immobilizzava fino al segnale dell’inizio delle ostilità, cioè quando nell’aula risuonava la frase ADESSO FACCIAMO IL DETTATO. Allora cominciava lentamente a sillabare: QUESTA CATTEDRA È LA MIA CATTEDRA VIRGOLA QUESTO BANCO È IL MIO BANCO VIRGOLA QUESTA CULTURA È LA MIA CULTURA VIRGOLA VECCHIERELLO SCRITTO CON DUE C E L’ACCA PUNTO. Un bambino della quarta fila, uno scavezzacollo di origine africana, alzava la mano e diceva: MI È VENUTO UN DUBBIO.
ESPONILO, rispondeva Ken Pedagogista.
I PENSIERI CHE HO NELLA TESTA DI CHI SONO?
QUESTO MONDO È IL MIO MONDO, concionava Ken, TUTTO CIÒ CHE ESSO CONTIENE È INEVITABILMENTE MIO, QUINDI SEI MIO ANCHE TU E PER LA PROPRIETÀ TRANSITIVA SONO MIEI ANCHE I TUOI PENSIERI.
Il maledetto africano restava interdetto per un paio di secondi e nel frattempo Ken Pedagogista, sorridendo, lo decapitava.

Paolo Antoniazzi

Lo sguardo dell’unghia

körömnéza sost. fem. [lett. “lo sguardo dell’unghia”] 1. Per similitudine con la forma della luna nuova: a. Sguardo amorevole, tranquillo e rassicurante: La presi tra le braccia e la conobbi con uno sguardo anch’esso neonato, una k. che presto, ma non ancora, avrebbe assunto forme diverse e gravi (Autobiografia di Agnes D.).b. Disposizione di rinnovata fiducia verso una persona o una situazione: Non bastano le scuse per far la k. (pop.). c. Stato di grazia; quiete; leggerezza esistenziale, spensieratezza, entusiasmo, gioia: Iniziano le vacanze e la k. estiva. d. est. Atteggiamento naïf, talvolta inconsapevole o eccessivamente ottimista che può sfociare in atti sconsiderati. – e. rar. In informatica, operazione che comprende il reset e l’inizializzazione di un dispositivo. 2. Per l’antica credenza secondo cui le unghie continuano a crescere dopo la morte: a. Estrema lucidità di fronte alla morte imminente; rassegnazione all’inesorabilità di una disfatta: La k. del grande architetto sepolto nella sua opera divina; la k. del condannato a morte; la k. del malato terminale; la k. del magistrato palermitano. b. Nel gioco delle carte, ultimi lanci, non risolutivi, del o dei giocatori in svantaggio. – c. gener. Consapevolezza.

Arianna Fiore