investono a casaccio

finalmente
ha iniziato a fare freddo
non proprio freddo. anzi fa di nuovo caldo
e tu che avevi già fatto il cambio di stagione. adesso ti tocca tirare di nuovo fuori le magliette a maniche corte
anzi no, fa freddo. ma non proprio. è più una temperatura da maniche lunghe, ma di cotone. dunque vai avanti con le maglie di cotone, indossale e non ti curare di quelli che dicono e non dicono, facendo intendere che è inverno e in inverno si deve vestire invernale
tanto hai trovato finalmente la tua vocazione e nessuno potrà più separartene e la tua vocazione è estiva. solo così si spiegano le differenze che hai sempre notato tra te e il resto del mondo, quelli che l’inverno è inverno e va fatto il cambio degli armadi. che senza bisogno di vederli coi tuoi occhi li riconosci dal rumore che fanno trascinando gli armadi sul pavimento, dopo averlo annunciato sulla bacheca condominiale senza neanche chiedere scusa
sei lì che sonnecchi in attesa della sveglia e quelli già spostano in giro gli armadi. tu invece ti alzi e nemmeno ti serve, un armadio. bastano due stampelle appese alla tenda della doccia. una per la maglietta pulita e una per quella di ieri che è comodo riutilizzare, tanto non sudi perché adesso mica è estate. quando scendi in strada ti accorgi che non fa proprio il caldo che avevi sperato e forse pensi all’ipotesi di tornare in casa e coprirti di più. in quell’istante un rumore più forte degli altri. è un armadio estivo che ti si sfracella accanto.
alzi la testa, stanno gridando a te, proprio a te, però guardano altrove: non potranno mai amare chi non si arrende all’ineffabile bellezza del freddo invernale. mentre un camion quasi ti investe facendo manovra, è lì per la consegna del nuovo armadio invernale. cacci uno strillo. dall’interno ti urlano che è colpa tua, che d’inverno non si esce di casa. men che mai in maglietta di cotone. fanno manovra senza controllare gli specchietti. investono a casaccio, certi di colpire solo gente come te. potresti essergli parente, non gl’importerebbe. sospetteranno di te, ti isoleranno, faranno spallucce quando chiederai aiuto. ti derideranno se per una volta indosserai della lana o del pile, riconoscendo che quel giorno si gela davvero. ti daranno del coniglio. ma tu non te ne curare
solo chi dice, con voce calma ma leggermente stridula, che l’inverno non deve essere per pochi, come se i brividi e il freddo fossero cosa per pochi, chi è seguace di una disciplina che consiste nel restare rinchiusi in luoghi riscaldati, rinfrancandosi con alcol da poco prezzo, affermando che non gli interessa la vita sbracciata, che il progresso e la modernità sono corrotti, l’uomo è allo stremo e può risorgere solo prestando attenzione alle solite cose, chi è convinto di piacere, di dire cose profonde che attaccano il senso comune e, in generale, chi vuole dare come immagine pubblica quella di un epigono, di un gran prosecutore, di uno che sa cosa vogliono gli altri, e anche il suo attivismo pro-inverno in fondo sembra imperniato più che altro sul restituire una precisa immagine di colui che si copre con piena cognizione, e sul renderla il quanto più seducente, come se ogni suo strato di vestiario stesse a dire: chi indossa il maglione che state ammirando, lui sì che ha scoperto il segreto del vivere non cambia mai idea

Francesca Perinelli

deposizione di Persefone (42)

il corpo per la maggior parte è estremità: le mani lavorano e non lavorano più. così le connessioni se ne vanno in frantumi e nulla ti rende degno di stare a quella tavola
attraverso i canoni uniti delle immagini comuni, scoprì che la perdita del corpo è la perdita della stessa materia dei sogni. molti pensano che no, no. come nel teatro. ma non c’è coscienza della malattia di biblioteche intere. come rielabori il mito della crescita economica, viene a stimolarti il volano del bisogno infinito, il gioco della religione moderna
averla accanto la senti, te la fanno sentire questi giorni, inclusi i due anni passati, questa voglia di senso profondo di cosa che trascende il puro piacere, ma non è perdonabile. addentrarsi nella notte, nella dimensione aurale, nell’era della riproducibilità tecnica, è furore concentrato sul proprio desiderio e la sola differenza è la morte
non ho capito cosa
è così: non è nei giovani, è nel vivere collegato alla morte
alla fine del secolo, la discoteca la droga i rituali di iniziazione, aveva sentito quest’appartenenza dimenticando chi fosse – quando questo accade, gli anziani riflettono sui giovani e non considerano Persefone
ma adesso la diagnosi è guarita e la dedica è spiritosa: dedico la chiusa al divorzio dei miei genitori (provati i confronti, il mondo purtroppo ha qualcosa che lo rende simile al suo creatore)

Francesca Perinelli

deposizione di Persefone (3)

prima d’allora, venivamo al mondo con Platone, Plutarco e Plotino, che sceglievano noi per vivere la loro vita. per esempio, un viaggio in un cimitero, dai primordi diversi e distinti, era un mito. il clima avverso, un’esperienza eccezionale. un po’ era una moda, mai una cretinata
lei da bambina aveva avuto la possibilità di restare aneddoto. congettura, no. diciamo che avrebbe voluto fare l’equivoco (si spiegava malissimo, era la causa dei genitori, anche se non una causa efficiens – il portinaio d’altronde non faceva selezione). le fu necessario scegliersi i genitori, vip da sconvolgere con il nostro crescere fumando insieme davanti all’incessante peculiarità dei suoi disturbi di serie, su cui non mi sembrava giusto dar consigli
punti fissi come la separazione di corpo e anima negli anni ottanta, quando i cugini controllavano i siciliani o il giro in Oriente e i monasteri (però l’India non la conoscevamo
ah no?
sì sì
non la?
sì e no. è stato più un discorso di non bisogna andare a Tokyo, è inutile come New York)
Roma? di specifico non ne parlava mai. non con molta curiosità. l’omicidio dell’Uomo Ragno era più nell’interesse dei cugini
poi d’improvviso tutti l’hanno capito: la famiglia era l’errore
e adesso eccoci qui
non una malattia rara, non furono batteri, ma una sigaretta ficcata nel retro della storia

(il giudice è brasiliano, per rispondere occorrerà tutta la notte e domani avrà già dimenticato tutto)

Francesca Perinelli